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Un’annotazione su “Carta da viaggio”

Pietro D'Agostino, Carta da viaggio, Benway Series 7Siamo abituati a pensare al libro, a qualsiasi libro, diremmo alla forma stessa dell’oggetto, come al contenitore stabile o stabilizzante di un materiale pronto, fisso, preorganizzato (proprio in vista della forma cartacea o digitale). Una serie di linee date, impaginate, raffigurabili nel loro complesso come opera organizzata già a monte, incastonata in una propria storia, o “come” storia. Che, in ogni caso, preesiste, precede il libro. (E da questo è veicolata).

Al contrario, con Carta da viaggio | Alight ci troviamo di fronte a pagine non incise, bianche: formano una freccia temporale che deve ancora mettersi in moto. Sbirciamo un luogo o meglio un’apertura o disponibilità/disposizione verso luoghi (non casuale è la parola “viaggio”) che permette – appunto – di accedere a spazi non stabili, non stabilizzati, e – meglio – non noti, non percorsi.

Tutto quello che abbiamo di fronte, aprendo e addirittura inaugurando l’esistenza stessa delle pagine del livre à venir di Pietro D’Agostino, è una sequenza di fogli impressionabili, di inizi. (È in fondo il paradosso di un testo così radicalmente lontano dall’esser testo da non esistere prima di venir aperto=scritto dai tagli luminosi aleatori del momento, e dal lettore che in sostanza vi dispone ombre, profili, al minimo movimento).

Non abbiamo una storia, così, una codifica passata ed una stabilità, ma semmai ciò che – all’interno del guscio ancora identificabile con la forma classica gutenberghiana – più si avvicina all’impredicabilità stessa delle tracce, all’incavo di quello che potrà essere scrittura, appunto alla sua possibilità, non (già) attuazione.

Pagine, in tutta evidenza, ancora da elaborare, e sulle quali veder affiorare ciò che non è e non voleva essere decidibile da mano ‘autoriale’.

Questo non soltanto corrisponde ad una intenzione di ricerca (e di “scrittura” di ricerca) ma gioca altresì con l’idea di libro, documento. Anche i materiali in internet o gli ebook infatti tramandano travasano trasportano trasmettono un contenuto già dato e tuttavia plastico, flessibile, ‘navigabile’. Ma nel caso di Carta da viaggio ci si trova di fronte ad una immaterialità più marcata, ad un’impronta da definire futura – o imminente.

Le tracce che prendono figura entro i rettangoli fotosensibili stanno per essere / saranno (e non “sono”) le tracce del libro, cangianti. Senza includersi infine nella firma autoriale. In questo modo, anche il nome in copertina è lo pseudonimo moltiplicato (perennemente identico e labile) di un’inventio. Tantomeno sarà definibile “autore”, di volta in volta, l’acquirente-lettore-origine del libro.

Marco Giovenale

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